domenica 5 luglio 2020

Presentazione Cieli d'autunno





Un poeta vero deve sempre restare nel suo animo un “bambino”. Solo con lo stupore che il bambino possiede, è possibile vedere le cose del mondo come se si vedessero per la prima volta, cogliendo di esse gli aspetti inediti, originali, riuscendo a collegare fra loro oggetti molto distanti nel tempo e nello spazio. Anche lo sperimentare nuovi moduli poetici è appannaggio di chi dentro di sé conserva una tenace giovinezza, nonostante l’andare inesorabile del tempo.Salvatore Cutrupi appartiene a questo genere di poeta.Prima di avventurarsi in questa sua nuova produzione di haiku, egli ci aveva donato opere di poesie d’impianto tradizionale, dove erano espressi i vari momenti dell’esistenza umana, trattati con quella sensibilità cui mi riferivo sopra. Salvatore, infatti, nei precedenti lavori, con uno stile che Saba avrebbe definito appartenente alla “poesia onesta”, aveva consegnato ai lettori dei versi limpidi, trasparenti, che rimanevano impigliati nella mente per la loro chiarezza e precisione. Cito, dall’ultima opera, Le stelle che tornano, quasi a caso, perché numerosi, alcuni esempi: “ho costruito perciò /aeroplanini di carta / e ho riempito le ali / di consonanti e vocali”; “Ci sono ombre / che hanno la luce /dentro”; “guardare l’onda / che abbraccia lo scoglio”; “come fa la ballerina / a danzare sulle punte / e il tramonto a tornare / anche domani?”

Ora, per un occidentale non è così semplice scrivere haiku. Bisogna, da un lato, trovare la concentrazione necessaria per calarsi dentro la natura, quasi diventare albero, luna, tramonto per catturare, della realtà circostante, gli aspetti più significativi, quelli che gli altri non riescono a “vedere”. Dall’altro lato, bisogna cristallizzare quegli “attimi fuggenti”, quelle “brevi eternità”, in una gabbia metrica di diciassette sillabe, scandite nel ritmo di tre versi 5-7-5. Ma non basta ancora. Bisogna sottoporre il proprio haiku alla giusta limatura, revisione, riscrittura affinché il prodotto non contenga falle: di notte scrivo / poi di giorno cancello- / sboccia una rosa, scrive giustamente Salvatore, a indicare anche la fatica dello scrivere versi.

E poi è necessario che l’haijin stimoli la partecipazione attiva del lettore, invitandolo sia a scoprire i legami segreti fra versi apparentemente slegati sul piano della logica razionale, sia a riempiere di significato lo spazio bianco, il “non detto” che, in verità, ci può comunicare tanto.

Gli haiku di Salvatore sono, in questo senso, stimolanti. Lo sono soprattutto quando contengono un movimento, una direzione, che obbliga il lettore a seguirne il tragitto, interrogandosi poi sul senso nascosto: un’altalena- /s’avvicina un sorriso/ poi s’allontana: cos’è quell’andare e venire nella memoria che ricorda il cigolio montaliano della carrucola nel pozzo? È il passato sequestrato dalla memoria che ogni tanto si affaccia al presente? O quell’altalena scandisce il tempo che passa come se fosse un pendolo? Dello stesso genere anche quest’altro haiku: la sedia vuota-/fiorisce ancora il melo / dietro la casa. Da chi fosse occupata quella sedia vuota ognuno lo può immaginare come crede, ogni interpretazione è lecita, anzi, la composizione stessa si arricchirà delle varie ipotesi. O ancora: vento d’ottobre- / tutte le cose perse / in una foglia, un haiku in cui tutti possiamo riflettere sulle cose che abbiamo perduto in questa vita, e non solo sul piano materiale ma soprattutto in quello spirituale.

Ma sono notevoli anche gli haiku che fanno leva sulla sinestesia, così che il lettore rimane catturato contemporaneamente da più sensi: sera d’ottobre-/ un odore di nuvola/ nella minestra: qualcosa di proustiano ci cattura in quella minestra, e chissà poi come sarà il sapore di quella nuvola, e chi si cela in verità dietro di essa. Alla scansione classica delle quattro stagioni, l’Autore ha aggiunto una quinta stagione, che è quella della vita umana, in cui compaiono anche le figure genitoriali, coll’intento di fissarle eternamente nei versi: ora del vespro- / le preghiere in ginocchio / di mia madre; // un sogno all’alba- / nella voce l’accento / di mio padre. E infine, come non citare l’haiku in cui vediamo riflesso il poeta stesso? trave di legno- / di notte un vecchio tarlo / scrive racconti.



Giacomo Vit

Nessun commento:

Posta un commento

SHODO Scrittura